L’architettura del futuro potrebbe uscire da una stampante.
E non è (più) solo una provocazione: secondo un report pubblicato da Precedence Research, il mercato globale della stampa 3D applicata all’edilizia è stato valutato circa 1,5 miliardi di dollari nel 2023. Ma il dato più interessante è quello previsionale: si stima una crescita media annua del 59,6% tra il 2024 e il 2032¹.
La tecnologia consiste nell’estrusione stratificata di materiali (tra cui calcestruzzo, argilla, terra cruda) attraverso una stampante a controllo numerico. Il risultato? Elementi modulari che compongono pareti portanti, tamponamenti, finiture interne o facciate complesse, riducendo significativamente tempi e manodopera in cantiere. La stampa 3D applicata all’architettura ha già preso piede in diversi paesi, Italia inclusa, dove esistono esempi concreti di edifici stampati e abitabili. Ne è un esempio TECLA, prototipo abitativo realizzato dallo studio Mario Cucinella Architects a Massa Lombarda: interamente stampato in terra cruda locale, dimostra come sia possibile unire innovazione, sostenibilità e tecniche costruttive vernacolari².
I vantaggi sono evidenti: la stampa 3D consente di ridurre al minimo gli scarti da costruzione, non richiede casseforme né impalcature, riduce i tempi di costruzione (in alcuni casi, l’involucro strutturale viene completato in meno di 24 ore), e permette l’uso di materiali locali o riciclati. Non solo: la precisione digitale del processo consente una libertà formale altrimenti difficile da ottenere con i metodi tradizionali.
Tuttavia, allo stadio attuale, esistono alcune criticità. Come i costi delle stampanti e della formazione del personale, ancora alti, e la normativa vigente, spesso pensata per edilizia convenzionale, fatica a recepire e regolamentare la costruzione di edifici realizzati con tecnologie additive. Anche la durabilità dei materiali stampati (soprattutto se alternativi, come l’argilla o la canapa) necessita di ulteriori test e certificazioni per garantirne l’impiego su larga scala.
Parliamo sicuramente di una tecnologia non immediata: il progresso nel settore permetterà, verosimilmente, di alleggerire i costi e perfezionare i materiali. Ma una cosa è certa: la stampa 3D in architettura apre la strada a un possibile nuovo linguaggio espressivo – non un semplice esercizio di forma, ma l’occasione per reinventare il rapporto tra tecnica e natura.
In questa direzione, alcuni progetti coniugano stampa 3D e materiali bio-based, puntando a una sostenibilità che è tanto ecologica quanto culturale. È il caso, ad esempio, del progetto 3D Housing 05, presentato al Fuorisalone di Milano nel 2018: una microabitazione urbana stampata in calcestruzzo e interamente riciclabile³.
Siamo davanti a una nuova fase dell’architettura, in cui l’atto del costruire si smaterializza, la mano si fa macchina e il cantiere si trasforma in laboratorio sperimentale. Il compito dell’architetto, oggi, non è soltanto quello di disegnare spazi, ma anche di riscrivere il codice della materia.
¹ Precedence Research, 2024. Construction 3D Printing Market Size and Forecast.
² Mario Cucinella Architects
³ 3D Housing 05