Già oggi, il 46% degli architetti dichiara di fare uso dell’IA nei propri progetti. Ma sale a 74% la percentuale dei professionisti che prevede di aumentarne l’uso, nell’anno successivo1. Come per altre discipline, che integrano una componente di creatività, la domanda è spontanea: qual è lo spazio dell’intelligenza umana, il ruolo del professionista canonico, nello scenario IA?
Contro i dualismi, di antica data, che oppongono naturale ad artificio, dalla Biennale di Venezia arriva un concetto interessante, titolo e tema della Mostra Internazionale di Architettura 2025: Intelligens. Un neologismo, se vogliamo, che apre l’intelligenza alla gens, alle persone, alla società, ma non solo: le intelligens, al plurale, affermano una nuova idea di “genio architettonico”, che supera l’individuo verso una declinazione più ampia. Una rottura col paradigma dell’entità autoriale, l’architetto cartesiano che, solo, è proprietario del suo progetto – ma al contrario, un processo in cui differenti forme di intelligenza (umana, ambientale, sociale e artificiale) concorrono alla creazione di un progetto plurimo, variegato, collettivo.
L’architettura del XX secolo ha spesso celebrato la figura dell’architetto-genio, l’individuo che accentra sul progetto una capacità straordinaria: plasmare lo spazio urbano, con il progetto che firma. Retaggio della cultura individualista, di fine Ottocento, del professionista à la Robinson Crusoe, che con mezzi e studi propri definisce in autonomia i confini del (suo) progetto.
Tuttavia, l’attuale dibattito sull’intelligenza artificiale e sulle sue implicazioni nel design e nella progettazione suggerisce la necessità di superare questa visione monolitica. Qual è il ruolo dell’architetto, in un contesto di crescente tecnologizzazione e digitalizzazione del progetto? E soprattutto, qual è lo spazio per una (la) mente creativa, di fianco alle intelligenze artificiali generative? Così, il concetto di Intelligens, suggerito dalla Biennale, introduce un modello in cui la progettazione si alimenta di molteplici forme di conoscenza e sensibilità.
L’architettura contemporanea, come altre discipline inficiate dalle IA, incontra un bivio: opporsi alla tecnologia o comprenderla come parte integrante del processo creativo? La risposta, di Intelligens, sembra risiedere nella sinergia tra umano e artificiale, ma non solo: scardinando il vecchio dogma dell’architetto-genio, si aprono forme ibride di intelligenza. Quella umana, sicuramente, quella artificiale ma anche un genio collettivo, che risiede nell’ordine ecologico dei materiali, nella struttura sociale della comunità e dei sistemi urbani interconnessi.
Se c’è una città che incarna perfettamente questa visione, non a caso, è proprio Venezia, location non casuale per parlare di Intelligens. La sua stessa esistenza urbanistica è il risultato di un’ingegnosità collettiva che, nei secoli, ha saputo adattarsi e rispondere a condizioni ambientali uniche. Il sistema lagunare stesso può essere interpretato come un organismo intelligente che unisce diverse forme di genio architettonico:
Con il concetto di Intelligens, ci proiettiamo verso il superamento dell’architetto tout-court, genio solitario che pone la firma sul progetto. Tanto più nel confronto con le IA, verso un’architettura cyborg: non un’architettura automatizzata, appannaggio esclusivo delle macchine che sostituiscono l’uomo, né tantomeno artigianale, proprietà esclusiva dell’umano. Se mai, un’alleanza, una sinergia che fa perno, a metà strada, tra natura, tecnologia e società.
Concetto avanguardista, che già sostiene una serie di sperimentazioni: dagli edifici bioreattivi che assorbono CO₂ grazie a facciate coltivate a microalghe, agli algoritmi di machine learning che analizzano i flussi urbani per ottimizzare la mobilità sostenibile. Architetti come Carlo Ratti, con i suoi progetti di urbanistica interattiva, e aziende come BIG (Bjarke Ingels Group), che implementano processi costruttivi basati su simulazioni digitali avanzate.
Le intelligenze architettoniche suggeriscono un futuro in cui l’IA non sostituirà l’architetto, ma lo sposterà dal centro. Perché l’architettura, nei tempi odierni, non è proprietà di un genio solitario, ma figlia di intelligenze molteplici, plurime, che tra società, umano e artificio si aprono a nuove declinazioni e progettualità.
Nel dibattito tra uomo e macchina, l’architettura può trovare la sua risposta più efficace nella pluralità. Se Intelligens è il tema della prossima Biennale, il suo messaggio è chiaro: il futuro dell’architettura non sarà fatto da un’unica intelligenza, ma da un intreccio di molte, tutte necessarie per costruire la città di domani.
_______________________________